Ritardo nella registrazione delle spese della carta di debito dopo il suo utilizzo in un casinò online
I fatti descritti dalla cliente risalgono a un evento che si è prodotto nel 2020 e nel quale sono rimasti coinvolti un gran numero di giocatori di determinati casinò online che avevano optato di ricaricare il loro credito di gioco con la carta di debito della banca. Questo evento è stato anche ampiamente trattato dalla stampa.
Dopo che l’Ombudsman ha chiesto alla banca di prendere posizione sul reclamo della cliente, essa gli ha spiegato che i casinò online coinvolti utilizzano un fornitore di servizi di pagamento che funge da interfaccia tra loro e la banca. Quando un cliente addebita la sua carta per ricaricare il suo credito di gioco, il fornitore di servizi di pagamento inoltra una richiesta alla banca, che blocca i fondi corrispondenti nel conto bancario del cliente per un certo numero di giorni, a condizione che ci siano i fondi necessari. Quando poi, per il tramite del fornitore di servizi di pagamento, la richiesta di addebito del casinò online arriva alla banca, essa addebita definitivamente il conto del cliente. La banca non può influenzare il momento in cui le perviene la richiesta di addebito. Se questa richiesta le è trasmessa dopo che i fondi bloccati sono di nuovo stati liberati, il conto è comunque addebitato. Questo meccanismo è descritto nelle condizioni generali della banca. Secondo queste disposizioni contrattuali, i clienti confermano di accettare tali addebiti in ogni caso.
A causa di un errore da parte del fornitore di servizi di pagamento, per circa tre mesi non sono stati fatti tali addebiti. Tutti le transazioni accumulate sulle carte durante questo periodo sono poi state addebitate in una sola volta sui rispettivi conti dei clienti. Ciò ha causato uno scoperto su quei conti che non disponevano di averi sufficienti perché i fondi riservati erano stati nel frattempo di nuovo liberati.
La banca era dell’opinione che i clienti avevano palesemente effettuato gli addebiti sulla loro carta e ricevuto il corrispettivo previsto sotto forma di credito di gioco. Il fatto che la banca, in linea di principio, non concedesse scoperti per questi conti non cambiava nulla. Questo significava semplicemente che la banca non era obbligata a permettere gli scoperti. Tuttavia, se tali scoperti sono sorti a causa di transazioni effettivamente eseguite, i clienti erano ovviamente obbligati a rimborsarli.
Secondo la banca, essa non ha commesso alcun errore. Il fornitore di servizi di pagamento, dove l’errore si è apparentemente verificato in relazione a un aggiornamento del software, ha agito per conto del casinò online e soggiace quindi alla responsabilità di quest’ultimo. Per questo motivo, alcuni dei casinò online toccati dall’evento erano anche disposti, a certe condizioni, a rinunciare alle perdite di gioco subite dai clienti nel periodo in questione. La banca era solo disposta a rinunciare agli interessi debitori maturati e a discutere le modalità di rimborso con quei clienti che, a causa di quanto avvenuto, si sono ritrovati in difficoltà finanziarie.
L’Ombudsman ha potuto capire l’irritazione della cliente riguardo all’incidente. Egli ha pure potuto comprendere il suo argomento, secondo il quale non avrebbe continuato a giocare se avesse saputo che non aveva più averi sul conto. Tuttavia, siccome certi ritardi nell’addebito non possono mai essere esclusi e secondo le condizioni generali è il rispettivo commerciante, cioè in questo caso il casinò online, che decide quando effettuare un addebito, gli è sembrato indispensabile che i clienti stessi controllino gli addebiti in base ai pagamenti che hanno fatto. La cliente non aveva effettivamente subito alcun danno, poiché aveva ricevuto un corrispettivo sotto forma di credito di gioco per gli addebiti che aveva autorizzato. Inoltre, probabilmente la responsabilità per un eventuale danno non avrebbe potuto essere attribuita alla banca, ma al casinò online o al suo fornitore di servizi di pagamento. Essendo gli addebiti che hanno portato allo scoperto stati iniziati dalla cliente, l’Ombudsman non era convinto dall’argomentazione della cliente secondo cui ella non doveva rimborsare il saldo debitore sul suo conto perché la banca escludeva gli scoperti.
In considerazione della posizione ferma assunta dalla banca e delle comprensibili ragioni da essa presentate, qualsiasi ulteriore tentativo di mediazione è apparso senza alcuna prospettiva di successo. L’Ombudsman ha chiuso la procedura di mediazione trasmettendo alla cliente una presa di posizione conclusiva.