Rifiuto della banca di entrare in relazione d’affari con la società, dopo ch’essa aveva aperto un conto per il versamento del capitale
Dopo che la banca ha esaminato la documentazione che il richiedente le aveva inoltrato in previsione dell’apertura di un conto per la neocostituita società, essa gli ha comunicato, senza comunicare motivi particolari, che non intendeva entrare in relazione d’affari con la stessa. La banca ha quindi chiesto al richiedente di chiudere il conto sui cui era stato versato il capitale della società e di trasferire gli averi corrispondenti su un conto presso un’altra banca, intestato a nome della società. La banca giustificava la sua richiesta con l’art. 633 CO (Codice delle obbligazioni). Dopo che la banca ha rifiutato di rivedere la sua decisione, nonostante il reclamo del richiedente, e che due altre banche hanno rifiutato di aprire un conto commerciale a favore della società, il richiedente si è rivolto all’Ombudsman.
Il richiedente considerava che il comportamento della banca era in contraddizione con il fatto ch’essa aveva accettato di aprire, prima che la società venisse iscritta nel Registro del Commercio, un conto per il versamento del suo capitale. Secondo lui, aprendo questo conto e accettando che il capitale vi venisse depositato, la banca si era impegnata ad aprire un conto commerciale a favore della società. Con il suo rifiuto, la banca infrangeva perciò il principio della buona fede. Anche perché non lo aveva avvertito del rischio che successivamente alla costituzione della società avrebbe potuto rifiutare di aprire un conto commerciale.
Il richiedente considerava inoltre che il comportamento della banca rasentava gli estremi di un illecito penale. Egli l’accusava infatti di essersi appropriata in modo indebito del capitale sociale della società. Il gerente riteneva inoltre che il rifiuto di aprire un conto commerciale a nome della società gli causava un danno gravissimo. Infatti, vista la posizione assunta dalla banca e dagli altri istituti da lui contattati, l’unica possibilità di recuperare il capitale conferito alla società era di mettere quest’ultima in liquidazione. Il richiedente chiedeva quindi l’aiuto dell’Ombudsman affinché la banca aprisse un conto commerciale a favore della società o ch’essa gli rimborsasse, per lo meno, i costi di costituzione e di messa in liquidazione della società, valutati a complessivamente quasi 4’000 franchi.
Nella presa di posizione con cui l’Ombudsman ha risposto alla richiesta del gerente della società, egli ha constato che, nell’incarto messo a sua disposizione, mancava qualsiasi indizio che avrebbe permesso di considerare che la banca si era impegnata in qualche modo ad aprire un conto commerciale a favore della società, dopo la sua costituzione. L’Ombudsman ha perciò sottolineato che la decisione di aprire una nuova relazione d’affari o di mantenere una relazione esistente dipende dalla politica commerciale e dalla strategia propria a ogni istituto finanziario. Il principio della libertà contrattuale e le regole generali relative al diritto del mandato permettono infatti sia alla banca che al cliente di decidere liberamente se entrare in un rapporto d’affari e di definire le condizioni alle quali intendono mantenerlo o di disdirlo. Ciò vale, secondo il parere dell’Ombudsman, anche contestualmente al conto per il versamento di capitale. La banca era quindi libera di decidere se aprire o meno un conto commerciale dopo il versamento del capitale e la costituzione della società.
In considerazione di questo principio mancavano anche le basi necessarie per una domanda di indennizzo. Esso avrebbe eventualmente potuto essere richiesto per “culpa in contrahendo”, ovvero argomentando con la violazione di doveri precontrattuali. Ciò sarebbe stato possibile se, già al momento dell’apertura del conto per il versamento del capitale, la banca avesse saputo, da un lato, che l’interveniente intendeva e si aspettava di poter aprire, dopo la sua costituzione, una relazione d’affari a nome della società e, dall’altro lato, essa non era disposta a entrare in una relazione d’affari con questa società. Inoltre, la banca avrebbe dovuto sapere o avere motivo di credere che anche nessun’altra banca avrebbe aperto un conto a nome della società. Nel caso di specie mancava però qualsiasi indicazione in questo senso.
In quanto mediatore neutro, l’Ombudsman non è abilitato a dare direttive vincolanti alle parti implicate in un litigio. Per questo motivo non gli sarebbe stato possibile esigere dalla banca che essa accettasse di aprire un conto commerciale a favore della società. Inoltre, l’esigenza della banca che il capitale della società venisse trasferito su un conto intestato a suo nome gli sembrava essere in accordo con quanto sancito dall’art. 793 cpv. 2 CO, ovvero con il divieto di restituire i conferimenti versati dai soci.
In considerazione di questi elementi, l’Ombudsman è giunto alla conclusione che mancavano gli appigli che gli avrebbero consentito di intervenire presso la banca con reali prospettive di successo.
Prima di chiudere il suo incarto in questa faccenda, l’Ombudsman ha comunque raccomandato al richiedente di intavolare nuove negoziazioni con altri istituti bancari e chiarire con loro se e a quali condizioni essi sarebbero eventualmente disposti ad aprire una relazione d’affari con la società.