Perdite in relazione alle azioni Wirecard nell’ambito di un rapporto di consulenza in investimenti
Dopo aver esaminato i documenti relativi al caso specifico, l’Ombudsman ha purtroppo dovuto constatare che le versioni dei fatti presentate dalle parti sul profilo del cliente e sul processo di consulenza differivano tra loro significativamente in aspetti essenziali. Il cliente aveva dichiarato di avere un profilo da investitore conservatore e di avere poca conoscenza dei mercati finanziari. Il profilo che il cliente che aveva firmato nel 2017 faceva invece stato di un profilo di rischio medio sulla base di una capacità di rischio molto alta e una propensione al rischio media. In questo contesto, il cliente aveva dichiarato, tra le altre cose, di conoscere ed avere esperienza con azioni e vari prodotti di investimento ad alto rischio e di informarsi quotidianamente sugli sviluppi dei mercati finanziari. Nel 2020, cioè dopo i successivi acquisti di azioni Wirecard, era stato stilato un nuovo profilo d’investimento del cliente con un profilo di rischio più elevato rispetto a quello determinato in precedenza.
Secondo il resoconto del cliente, la relazione di consulenza in investimenti era di fatto stata attuata come un contratto di gestione patrimoniale. Per mancanza di tempo, egli aveva approvato le proposte di investimento che gli erano state presentate, senza esaminarle. Dal canto suo, la banca ha invece fatto riferimento a riunioni regolari di consulenza sugli investimenti, alle quali il cliente aveva partecipato attivamente, e alcune delle quali erano durate anche particolarmente a lungo. Il cliente non contestava il fatto che le voci critiche pubblicamente note sulle azioni Wirecard fossero state discusse in questi colloqui. Tuttavia, egli era dell’opinione che il suo consulente le avesse minimizzate e quindi mal interpretate.
Infine, il cliente si lamentava del fatto che l’azione Wirecard era la più grande posizione azionaria nel suo portafoglio. In effetti, la sua perdita è stata considerevole, corrispondente a una somma a sei cifre. Il cliente non ha rivelato i dettagli del suo portafoglio all’Ombudsman. Ma si è limitato a fornirgli informazioni sulla percentuale della posizione Wirecard rispetto al suo portafoglio azionario totale e su quanto era la perdita in percentuale rispetto al suo portafoglio totale. Entrambe le cifre erano considerevolmente inferiori al 5%. Da questo, si poteva quindi concludere che si trattava di un grande portafoglio con una quota considerevole di azioni.
L’Ombudsman non può mettere in dubbio la credibilità delle parti e non può chiarire in modo vincolante, nell’ambito di una procedura probatoria, una situazione di fatto presentata in modo diverso dalle parti. Egli ha perciò deciso di trasmettere al cliente le seguenti informazioni, nonostante nel caso specifico ci fossero degli elementi fattuali non chiariti:
Nel caso di investimenti effettuati sulla base di una raccomandazione della banca, il rischio deve, in linea di principio, essere sopportato dall’investitore. Non esiste una responsabilità generale della banca per quanto concerne previsioni sull’evoluzione futura di un investimento specifico. Un dovere di risarcimento della banca presuppone quindi che, con la sua raccomandazione, essa abbia violato i suoi doveri di informazione.
Si può considerare che una banca abbia violato i suoi doveri di diligenza se essa ha fatto una raccomandazione che era evidentemente irragionevole e inappropriata per il cliente interessato, al momento in cui essa gli è stata sottoposta. Secondo la giurisprudenza, l’adeguatezza di un investimento raccomandato deve essere valutata in relazione alla situazione finanziaria personale del cliente e al suo profilo di rischio, cioè la sua disponibilità e capacità di assumere rischi. Secondo il Tribunale federale, la portata dell’obbligo d’informazione è poi determinata dall’esperienza e dalle conoscenze del cliente.
Una consulenza in investimenti diligente deve anche rispettare il principio della diversificazione dei rischi al fine di evitare concentrazioni eccessive tra gli investimenti. Il concetto di “concentrazione eccessiva” non è definito in modo vincolante. L’Ombudsman è del parere che, di regola, una posizione non dovrebbe superare il 10% del patrimonio totale. Tuttavia, ci sono anche altri punti di vista su questo argomento, ed è probabilmente indiscusso che vanno considerati anche altri fattori per valutare la diversificazione, come la composizione del portafoglio, il grado di rischio dell’investimento e anche l’esperienza e la propensione al rischio del cliente.
Infine, l’Ombudsman si è chiesto se la raccomandazione di un’azione con una volatilità un po’ più alta e un rischio maggiore, dovuti tra l’altro al carattere di start-up della società, fosse accettabile o se questo costituiva una violazione del dovere di diligenza. Le presunte dimensioni del portafoglio del cliente e le informazioni contenute nel suo profilo d’investimento suggerivano che il cliente aveva un’alta capacità di rischio. Secondo l’Ombudsman, se la capacità di rischio di un cliente è significativamente superiore alla sua disponibilità generale ad assumere rischi, non è a priori inammissibile che una banca gli presenti e gli raccomandi un investimento un po’ più rischioso come piccola aggiunta al suo portafoglio titoli. Naturalmente, questo è ammissibile solo se la banca non fornisce informazioni false o ingannevoli sull’investimento e informa il cliente dei rischi connessi, o se può presumere in buona fede che il cliente è consapevole dei rischi. Se questo era il caso nel presente caso doveva essere valutato secondo le informazioni di cui la banca disponeva al momento di raccomandare l’investimento.
Dopo il crollo di Wirecard nell’estate del 2020, all’Ombudsman sono stati presentati diversi casi di investitori che hanno subito perdite in questo contesto. Nel valutare questi casi, egli è partito dal presupposto che i partecipanti al mercato non avessero previsto questo scandalo grottesco, anche se a posteriori è chiaro che c’erano vari indizi di comportamenti inadeguati che avrebbero dovuto essere individuati dai responsabili. L’Ombudsman ha quindi ritenuto che l’errata valutazione delle voci critiche sulle azioni Wirecard, di cui il cliente aveva accusato la banca, non fosse motivo di responsabilità. Nel caso in questione, non c’erano indicazioni che, al momento in cui ha raccomandata gli investimenti, la banca disponesse di informazioni aggiuntive, non pubblicamente note, che avrebbero cambiato questa situazione di partenza.
L’Ombudsman poteva capire che il cliente trovava la perdita che aveva subito con la posizione Wirecard estremamente fastidiosa e deludente. Ciò nonostante, in considerazione dei punti in sospeso nel caso specifico, non è stato possibile determinare in modo definitivo se questa perdita era dovuta a una violazione da parte della banca dei suoi obblighi di diligenza. L’Ombudsman ha attirato l’attenzione del cliente sul fatto che, nell’eventualità in cui avesse voluto mantenere la posizione secondo cui il suo profilo d’investimento era conservatore, egli avrebbe dovuto imperativamente verificare il profilo che aveva firmato e, soprattutto, la composizione del suo portafoglio. Sulla base delle indicazioni trasmesse, l’Ombudsman non poteva che ipotizzare che la proporzione di azioni detenute nel portafoglio era probabilmente troppo grande per un profilo del genere.
Sulla base delle informazioni disponibili e della posizione decisa assunta dalla banca nei confronti del cliente, ch’essa ha confermato più volte, l’Ombudsman ha ritenuto che non c’era alcuna prospettiva ch’essa accettasse di fare un gesto più generoso in favore del cliente nel contesto di una procedura di mediazione. Egli ha quindi chiuso il caso trasmettendo una presa di posizione scritta al cliente. Tuttavia, l’Ombudsman ha indicato essere disposto a esaminare nuovamente il caso qualora il cliente gli dovesse fornire elementi concreti che nella sua valutazione egli non aveva preso in considerazione elementi essenziali. Il cliente non lo ha però più contattato.