Penale per rimborso anticipato di un’ipoteca a tasso fisso a seguito della perdita di fiducia nella banca
I clienti erano una coppia sposata. Il marito possedeva con un socio una società che aveva un conto presso la banca. Il consulente della banca aveva discusso con il partner commerciale del marito un problema relativo a un grosso pagamento dopo che quest’ultimo aveva già lasciato l’azienda. A causa di questo pagamento la banca ha disdetto il rapporto d’affari con l’azienda. A titolo privato, i clienti avevano stipulato un’ipoteca a tasso fisso con la banca. Il marito era del parere ch’essa avesse commesso una violazione del segreto bancario nella relazione d’affari e distrutto così irrimediabilmente la fiducia riposta nell’istituto, a tal punto da voler porre fine con effetto immediato alla relazione di private banking che intratteneva assieme alla moglie e rimborsare anticipatamente l’ipoteca a tasso fisso. La banca ha addebitato loro una penale per rimborso anticipato sulla base di tassi di reinvestimento negativi, ossia i clienti hanno dovuto pagare più interessi rispetto a quelli che avrebbero dovuto pagare se avessero rispettato il contratto ipotecario fino alla scadenza prevista.
I clienti erano del parere che, date le circostanze, la banca avrebbe dovuto almeno rinunciare alla penale nella misura degli interessi negativi. La banca ha rifiutato, contestando la presunta violazione del segreto bancario e affermando che questo episodio era solo un pretesto. Secondo lei, i clienti avrebbero preferito disdire il rapporto d’affari perché un’altra banca avrebbe messo loro a disposizione una linea di credito più ampia. La banca considerava perciò che la penale per rimborso anticipato le spettasse integralmente. I clienti non erano d’accordo e hanno presentato il caso all’Ombudsman.
Quest’ultimo ha richiamato l’attenzione della banca sul fatto che il Tribunale distrettuale di Zurigo aveva nel frattempo pubblicato una decisione secondo la quale una banca non poteva esigere dai clienti un importo superiore agli interessati debitamente concordati dovuti per la durata residua sulla base della clausola di rimborso anticipato contenuta nel contratto in esame. Nella sua presa di posizione, la banca ha informato l’Ombudsman che lei non si considerava legata dalla decisione del tribunale, in quanto il contratto che aveva utilizzato era sostanzialmente diverso da quello che era stato valutato nella decisione del tribunale, e che non era vincolata dalla giurisprudenza di un tribunale di primo grado. L’Ombudsman ha dovuto chiudere il caso senza successo. Nel suo parere scritto, ha chiaramente informato i clienti di non essere d’accordo con la posizione della banca. Poiché il saldo del conto dei clienti era inferiore alla penale per rimborso anticipato, la banca avrebbe dovuto far valere per via giudiziaria le sue pretese nei loro confronti.
Poco dopo, il marito ha contattato e informato l’Ombudsman che la banca lo aveva chiamato e gli aveva offerto un compenso superiore alla quota della penale per rimborso anticipato attribuibile agli interessi negativi. Il marito voleva sapere se doveva accettare l’offerta, ciò che l’Ombudsman gli ha consigliato di fare. Poco dopo, negli organi stampa delle associazioni di protezione dei consumatori si poteva leggere che la banca era stata sconfitta in tribunale in prima istanza circa un contenzioso relativo alla presa in considerazione dei tassi di reinvestimento negativi nel calcolo della penale per rimborso anticipato. In considerazione delle date, vi era da presumere che la banca fosse già a conoscenza di questa decisione quando ha scritto la sua dichiarazione all’Ombudsman.
L’Ombudsman ha quindi contattato la direzione della banca e l’ha informata che, pur essendo soddisfatto della soluzione raggiunta con i clienti, non vedeva perché non le fosse stato possibile fare questa concessione nell’ambito della procedura di mediazione. La banca si è scusata e ha dichiarato che il gesto concesso ai clienti non aveva nulla a che vedere con la decisione del tribunale. La banca ha inoltre segnalato che non era d’accordo con questa decisione e che aveva presentato ricorso, considerando che le sue argomentazioni non erano state adeguatamente valutate. Secondo la banca, la modifica della posizione assunta si spiegava piuttosto con un problema di comunicazione tra l’ufficio regionale in questione e la sede centrale. Sei mesi dopo, l’istanza successiva ha confermato la decisione contro la banca. Quest’ultima ha rinunciato ad inoltrare ricorso e ha rimborsato all’attore la parte della penale per rimborso anticipato che aveva fatturato in eccesso.