Diritto dell’esecutore testamentario di disporre del conto del defunto in caso di azione di nullità pendente
Un certificato di esecutore testamentario è stato rilasciato al richiedente alla morte di suo padre. Alcuni anni dopo, riuscì ad ottenere un certificato di eredità dal Tribunale Cantonale di Zurigo, cosa che l’istanza inferiore aveva rifiutato per via del fatto che l’azione di nullità intentata da suo fratello era ancora pendente. Secondo il richiedente, la banca era obbligata a chiudere il conto nonostante la controversia sull’eredità.
Dopo aver esaminato l’incarto, l’Ombudsman ha fatto sapere al richiedente che, a suo parere, i membri di una comunione ereditaria possono disporre solo insieme dei conti del defunto. Nel caso specifico, tuttavia, non era certo chi potesse pretendere essere erede. Questa questione sarebbe stata decisa solo dalla sentenza definitiva sull’azione di nullità intentata dal fratello. Nel frattempo, il certificato di eredità ottenuto dal tribunale doveva essere considerato come provvisorio. Questo gli è stato anche spiegato dalla banca, ed era anche indicato sul certificato in questione. Secondo l’Ombudsman, un esecutore testamentario può amministrare un’eredità e dividerla solo quando gli eredi sono stati designati definitivamente e un accordo corrispondente è stato raggiunto. L’Ombudsman ha potuto capire che la banca non era disposta a chiudere il conto prima che l’azione di nullità venisse giudicata definitivamente, semplicemente sulla base delle istruzioni del richiedente. In effetti, così facendo, la banca si sarebbe esposta a significativi rischi di responsabilità nel caso in cui, al termine della procedura, il fratello del richiedente dovesse ottener ragione. In questo caso, i dipendenti della banca coinvolti potrebbero anche sopportare rischi giuridici personali. Gli sembrava quindi naturale che la banca non volesse esporre i suoi impiegati a un tale rischio.
Il richiedente ha contattato nuovamente l’Ombudsman per esprimere il suo disaccordo. La chiusura di un conto era un semplice atto di amministrazione che poteva esigere senza alcuna formalità particolare nella sua qualità di esecutore testamentario. La banca non era responsabile di un tale atto di disposizione e poteva contare sulla legittimazione dell’esecutore per procedere alla chiusura. Al massimo, c’era un rischio di responsabilità solo per lui. Era molto sorpreso che l’Ombudsman e la banca non avessero afferrato questo principio.
Nella sua seconda risposta, piuttosto breve, l’Ombudsman ha ribadito le sue spiegazioni: un esecutore testamentario è autorizzato a compiere atti amministrativi, ma non a dividere l’eredità. L’e-mail con la quale il richiedente aveva incaricato la banca di chiudere il conto del defunto portava l’intestazione “Distribuzione di beni”, il che suggeriva che la chiusura richiesta non era un semplice atto di amministrazione, ma piuttosto un atto di divisione. Tuttavia, le condizioni per una divisione non erano soddisfatte a causa del procedimento legale in corso. Non era neppure stato dimostrato che il defunto avesse egli stesso fatto disposizioni per la divisione nel suo testamento. Infine, il ricorrente non poteva utilizzare la procedura di mediazione per evitare la controversia con suo fratello. Alla luce di quanto sopra, l’Ombudsman ha rifiutato di riconsiderare la sua posizione e ha chiuso il caso dopo aver comunicato la sua seconda risposta al richiedente.