Danno a seguito di una perdita di corso del cliente dovuta all’impossibilità di vendere i titoli del suo deposito a causa di un blocco legato a un evento societario
In questo caso vi erano due punti controversi. In primo luogo, se la banca aveva effettivamente commesso un errore e se esso aveva causato un danno al cliente. In secondo luogo, a quanto doveva ammontare un eventuale indennizzo. La banca ha negato di aver commesso un errore. Pur contestando l’esistenza di un danno, la banca ha fatto valere ch’esso doveva essere calcolato sulla base della differenza tra il prezzo che avrebbe potuto essere ottenuto al primo tentativo di vendita e il ricavato effettivo della vendita. Come già menzionato, il prezzo che avrebbe potuto essere ottenuto con la prima vendita era inferiore al prezzo che il cliente avrebbe potuto ottenere con il secondo tentativo di vendita.
Per quanto riguardava la questione di un eventuale errore in relazione al blocco dei titoli, la banca ha spiegato che in tali casi doveva fidarsi delle informazioni che riceveva dal proprio ente di custodia. Il presente caso era più complesso del solito. La banca depositaria aveva comunicato diverse date di blocco in relazione all’imminente evento societario. La ragione principale era costituita da informazioni poco chiare e contraddittorie fornite dall’emittente dei titoli. Nel caso in questione, la banca partiva dal presupposto che il suo ente di custodia non aveva commesso alcun errore.
Inoltre, essa sottolineava, con riferimento al suo regolamento di deposito che si orientava ai principi usuali del mercato, che non era responsabile per ogni errore commesso dall’ente di custodia. Nel caso della custodia di titoli è usuale e necessario ricorrere a depositari in qualità di subincaricati. In base alle disposizioni determinanti del diritto delle obbligazioni, riportate nel suo regolamento di deposito, essa rispondeva soltanto della corretta selezione, istruzione e sorveglianza dell’ente di custodia. Sulla base di questi tre criteri, alla banca non poteva essere rimproverata alcuna violazione dei suoi obblighi.
Riguardo all’argomento del cliente, secondo cui egli aveva tempestivamente informato la banca del fatto che il blocco era avvenuto prematuramente e che i titoli erano stati negoziati normalmente per tutto il periodo in questione sulla borsa estera, la banca ha spiegato che il fatto che i titoli continuassero a essere negoziati non poteva essere l’unico elemento determinante per un’eventuale revoca del blocco. La decisione di revocare un blocco notificato dall’ente di custodia richiede accertamenti precisi e onerosi che coinvolgono le unità di rischio della banca. Tali accertamenti non erano adeguati, date le circostanze del caso in questione.
Per quanto riguarda il calcolo del danno subito dal cliente, che la banca contestava, quest’ultima ha spiegato che si deve partire dal presupposto di una sola decisione di investimento del cliente. Se il cliente avesse potuto vendere i titoli al suo primo tentativo, questi sarebbero stati venduti con grande probabilità al prezzo allora raggiungibile. Solo quest’ultimo avrebbe potuto essere determinante per il calcolo del danno e non il prezzo più elevato che avrebbe potuto ottenere al secondo tentativo. Il danno sarebbe stato quindi solo la metà, ovvero CHF 12’000. Visto che la banca era interessata a una soluzione transattiva e a mantenere un buon rapporto d’affari con il cliente, essa ha aumentato il suo gesto di buona volontà a CHF 10’000.
L’Ombudsman ha sottoposto al cliente l’offerta che la banca aveva accettato di aumentare e gli ha raccomandato di accettarla. Secondo lui era comprensibile che, in un caso come quello in questione, una banca si orienta, di regola, alle comunicazioni del suo ente di custodia e se ne scosta solo in casi eccezionali. Le misure che adotta per chiarire l’indicazione data da un cliente, secondo cui un’informazione dell’ente di custodia è errata, devono essere valutate alla luce delle circostanze specifiche del caso. A tale proposito, alla banca deve essere concesso un certo margine di apprezzamento. Secondo l’Ombudsman, entrambe le parti avevano argomenti validi per il calcolo del danno. L’offerta transattiva era molto vicina al calcolo del danno effettuato dalla banca. Non era da prevedere un’ulteriore concessione della banca nell’ambito della procedura di mediazione. Il cliente ha infine accettato con gratitudine l’offerta transattiva che la banca aveva accettato di aumentare.