Controversia riguardante la possibilità di una procedura di chargeback dopo una frode con carta di credito
Secondo gli emittenti di carte di credito, le regole interne alle organizzazioni di queste carte non permettono di avviare delle richieste di rimborso nell’ambito delle cosiddette procedure di chargeback se la transazione contestata è stata approvata con un sistema di autenticazione a due fattori. Secondo la banca, questo era stato il caso nella fattispecie. Essa ha fatto valere che la cliente aveva espressamente confermato entrambe le transazioni nell’app della banca, in cui figuravano sia l’importo che il nome del commerciante. La cliente ha fermamente contestato quest’affermazione della banca.
In questi casi gli emittenti di carte rinviano i clienti truffati al commerciante affinché chiariscano direttamente con lui la situazione. Ciò è generalmente difficile, poiché in precedenza i clienti non hanno avuto alcun contatto con il commerciante. I contatti esistevano solo tra il commerciante e i truffatori. Quest’ultimi hanno pagato beni o servizi con i dati della carta di credito sottratti ai clienti. Dopo uno scambio di lettere con la banca, la cliente si è rivolta direttamente alla criptoborsa. Con l’aiuto di un esperto in sicurezza informatica, ella è riuscita a convincerla a rimborsarle gli importi che erano stati addebitati alla sua carta.
Poiché nemmeno la criptoborsa conosceva la cliente e nella transazione era coinvolta soltanto la sua carta di credito, usata in modo abusivo, essa era disposta rimborsare il denaro alla cliente solo tramite questo canale e ha chiesto che la banca emittente avviasse una procedura di chargeback. La cliente ne ha informato la banca e ha contattato l’Ombudsman prima che la banca rispondesse alle sue ultime lettere.
In realtà, era prematuro contattare l’Ombudsman. La cliente avrebbe dovuto attendere la risposta della banca. Tenuto conto della posizione che la banca aveva assunto nella comunicazione diretta con la cliente e dell’urgenza della situazione, l’Ombudsman, per evitare un inutile blocco, ha deciso di contattare immediatamente la banca e le ha chiesto di verificare la sua posizione e di rispondere alla cliente.
Successivamente, la banca ha avviato una procedura di chargeback e ha informato l’Ombudsman che questa procedura era andata a buon fine. Il denaro ha così potuto essere riaccreditato alla carta della cliente.