Compensazione automatica di posizioni debitorie in valuta estera
Il cliente effettuava in maniera attiva del trading online ed a tal fine deteneva un conto trading in CHF presso la banca. Era solito concentrarsi sui titoli quotati alla borsa svizzera, ma nel 2015 aveva iniziato ad effettuare operazioni anche su titoli locali negoziati alla borsa di Hong Kong, fatto che ha richiesto l’apertura di un conto in dollari di Hong Kong (HKD). Il cliente aveva concordato con la banca che avrebbe partecipato al sistema automatico di compensazione monetaria, grazie al quale tutte le posizioni debitrici in valuta estera venivano automaticamente compensate al termine di ogni giornata borsistica, attingendo all’avere sul conto in CHF. Grazie a questo sistema il cliente non doveva preoccuparsi di monitorare il conto e nel contempo evitava l’addebito di interessi debitori in valuta estera. Il cliente aveva asserito di aver fatto affidamento sul sistema di compensazione automatico concordato e di essersi quindi accorto solo verso la fine del 2016 che la compensazione non aveva mai avuto luogo. A suo avviso, fino ad allora, benché avesse sempre disposto di liquidità sufficiente sul conto in CHF, la sua posizione in HKD, a conversione avvenuta, era stata gravata da interessi debitori equivalenti a 6’000 CHF. Egli aveva quindi chiesto alla banca di farsi carico del danno, ritenendo che vi era stato un palese errore del sistema. La banca pur non contestando il fatto che vi fosse stato un errore tecnico all’origine della mancata compensazione automatica, riteneva che al di là di questo, la contestazione del cliente era stata tardiva e si era quindi appellata alla finzione d’accettazione prevista dalle condizioni generali. Ai sensi di queste, in caso di mancata contestazione entro un determinato termine, le transazioni erano da ritenersi accettate. Per questo motivo la banca aveva rifiutato di assumersi la totalità del danno ed aveva offerto al cliente il rimborso del 50% degli interessi debitori prelevati. Il cliente, che non era disposto ad accettare questa soluzione, si è quindi rivolto all’Ombudsman, che ha a sua volta sollecitato una presa di posizione da parte della banca.
Nella sua risposta, la banca ha segnalato che i clienti che effettuano delle operazioni online possono consultare in qualsiasi momento, sulla pagina principale del conto trading, il saldo di tutti i conti in tutte le valute e, in particolare, anche gli interessi debitori scaduti. Essa ha inoltre rilevato che a causa della mancata compensazione dovuta all’errore del sistema, sin dal primo giorno borsistico del mese di agosto 2015 il saldo del conto in HKD era sempre rimasto negativo. Secondo la banca, già a quel momento, il cliente avrebbe potuto e addirittura dovuto notare sia il saldo negativo del conto, sia gli interessi debitori. La banca ha inoltre potuto dimostrare che nel frattempo il cliente aveva ricevuto due conteggi, sui quali figuravano gli interessi addebitati. Inoltre era inconfutabile che nel periodo in questione il cliente si era connesso circa 90 volte al sistema. Secondo la banca, fin dall’inizio della sua attività di negoziazione in HKD, il cliente era stato informato in dettaglio sul mancato funzionamento del sistema di compensazione. In considerazione della contestazione tardiva (e del tenore delle condizioni generali richiamate ancora una volta dalla banca), la banca ha dichiarato di non essere disposta ad assumersi oltre la metà del danno.
In generale, l’Ombudsman ritiene che un cliente deve poter fare affidamento sugli accordi contrattuali intercorsi con la sua banca e quindi, nel caso in esame, sulla compensazione automatica delle posizioni in valuta estera. Tuttavia, questo non lo esonera dal suo obbligo di verifica e contestazione. Nel caso in esame, una contestazione tempestiva del cliente avrebbe indiscutibilmente permesso di evitare la maggior parte del danno. Va aggiunto il fatto che il sistema della banca offriva a ogni cliente la possibilità di procedere personalmente alla compensazione delle valute, evitando in tal modo di incorrere in interessi debitori. Poiché la banca era in grado di dimostrare che nel periodo in esame il cliente si era connesso circa 90 volte al sistema e che aveva addirittura ricevuto dei conteggi in cui figuravano gli interessi debitori, l’Ombudsman non ha avuto dubbi sul fatto che il cliente avrebbe dovuto notarli e contestarli. Non aveva quindi argomenti per esigere dalla banca l’assunzione della totalità del danno. Confrontato con queste considerazioni, il cliente ha infine accettato l’offerta della banca.