Commissioni sull’avere disponibile (3)
Nel gennaio 2020, il cliente ha informato la banca che non era d’accordo con l’estratto conto di fine anno che gli era stato inviato. Esso indicava che gli erano state addebitate commissioni sull’avere disponibile, allorquando a suo avviso, egli vi si era opposto in tempo utile dopo che la banca aveva annunciato la loro introduzione. Il consulente del cliente lo aveva poi contattato e gli aveva spiegato che le commissioni gli sarebbero state rimborsate e non gliene sarebbero state addebitate in futuro se avesse fatto degli investimenti. Il consulente gli ha poi sottoposto delle proposte d’investimento e le ha discusse con lui più volte nei mesi successivi senza che nessuna operazione d’investimento fosse conclusa. Nell’ottobre 2020, il cliente ha disdetto la relazione bancaria perché, oltre alle commissioni sull’avere disponibile, gli era stato notificato che a partire da gennaio 2021 gli sarebbero pure state applicate delle spese mensili per clienti domiciliati all’estero. Il cliente era dell’opinione che la relazione bancaria stava diventando decisamente troppo costosa e non era più attraente per lui.
Il cliente si è poi rivolto all’Ombudsman e gli ha chiesto di mediare nella controversia riguardante le commissioni sull’avere disponibile. Egli era dell’opinione che nessun accordo contrattuale era stato raggiunto con la banca. Il cliente si era opposto all’introduzione di tali commissioni a tempo debito. Inoltre aveva contestato l’estratto conto entro il termine prescritto dopo che da esso risultava che la banca gli aveva addebitato delle commissioni sull’avere disponibile nonostante la sua contestazione. Come prima cosa, l’Ombudsman ha invitato il cliente a presentare la sua richiesta di rimborso direttamente alla direzione della banca, cosa ch’egli non aveva fatto fino ad allora.
Dopo aver ricevuto una risposta negativa dalla banca, il cliente ha contattato nuovamente l’Ombudsman. Nella sua risposta, la banca sosteneva che il cliente era stato informato in modo trasparente e in tempo utile sull’introduzione delle commissioni sull’avere disponibile. Il suo consulente gli aveva anche mostrato come poteva evitare l’addebito facendo operazioni di investimento. La banca non era quindi disposta a rimborsare le commissioni al cliente.
L’Ombudsman ha quindi contattato la banca e ha spiegato che applicava a tali controversie i principi che aveva sviluppato per le contestazioni concernenti le spese bancarie (vedi caso n. 22 sopra). L’elemento centrale di questi principi è che l’introduzione di nuove commissioni o un adeguamento delle commissioni costituisce una modifica contrattuale, possibile unicamente in caso di accordo tra la banca e il cliente. Un accordo può anche essere raggiunto tacitamente, per esempio se il cliente continua a usare i servizi della banca senza esprimere riserve. Se non si raggiunge un accordo sulla modifica delle condizioni tariffarie, il precedente accordo contrattuale continua ad applicarsi alla relazione senza le modifiche iniziate dalla banca. In una situazione del genere, la banca ha tuttavia la possibilità di disdire il rapporto contrattuale rispettando le scadenze previste dal contratto e quindi, di solito, con effetto immediato.
Nel caso in questione, il cliente si era espressamente opposto all’adeguamento del contratto. La banca l’aveva poi attuato unilateralmente, addebitando sul suo conto le nuove commissioni sull’avere disponibile. Dai documenti forniti non risultava che le parti si fossero accordate su queste nuove commissioni. Poiché il cliente si era espressamente opposto, non c’era nemmeno un accordo tacito. La banca non aveva neppure disdetto la relazione. È stato il cliente che alla fine ha preso questa decisione, visto che non era più d’accordo con le condizioni tariffarie della banca.
L’Ombudsman ha condiviso l’opinione della banca ch’essa aveva fornito al cliente informazioni trasparenti e tempestive sulle nuove condizioni tariffarie. Non era neppure contestato che il cliente conosceva le singole regole che la banca intendeva introdurre. Tuttavia, egli non le aveva accettate e aveva comunicato la sua opposizione alla banca a tempo debito. Un adeguamento contrattuale non può essere fatto unilateralmente. Di conseguenza, nel caso di specie, mancava una base contrattuale per la commissioni sull’avere disponibile. L’Ombudsman ha quindi chiesto alla banca di rimborsare queste commissioni al cliente. La banca ha finalmente accettato.