Calcolo del prezzo di riscatto delle quote del fondo secondo il principio del “forward pricing”
Nella sua risposta alla richiesta di rimborso del cliente, che il cliente ha inoltrato all’Ombudsman, la banca si era scusata per le informazioni palesemente errate fornite dal primo impiegato contattato dal cliente. Affermava inoltre che nonostante la comunicazione con la seconda impiegata, presso la quale il cliente aveva infine piazzato l’ordine di riscatto, non era stata ottimale, ch’ella gli aveva dato informazioni fondamentalmente corrette sul “forward pricing”. Ma qual è esattamente il problema?
Il “forward pricing” è uno standard utilizzato in tutto il mondo per determinare il prezzo di emissione e di riscatto degli investimenti collettivi di capitale. In Svizzera, questo principio è sancito da una linea guida emessa dall’Asset Management Association Switzerland, che fa parte dell’autoregolamentazione dell’industria svizzera dei fondi ed è stata riconosciuta come standard minimo dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari FINMA. In questo sistema di “forward pricing”, la direzione del fondo o la SICAV (società d’investimento a capitale variabile) conteggia gli ordini di sottoscrizione e di riscatto delle quote ricevuti fino a un certo momento (orario di chiusura) a un valore d’inventario netto che calcola sulla base dei prezzi di mercato pagati dopo l’orario di chiusura. Il valore d’inventario netto utilizzato per il calcolo non è quindi ancora noto al momento dell’ordine.
Lo scopo del “forward pricing” è quello di evitare che gli investitori utilizzino nuove informazioni o tendenze di mercato di cui sono venuti a conoscenza per acquistare o vendere quote di fondi a un prezzo che è già stato fissato, danneggiando così i detentori di quote che non hanno tali informazioni. Questo principio assicura che tutti gli investitori siano soggetti alle stesse condizioni per i loro ordini di sottoscrizione e rimborso delle quote del fondo. L’orario di chiusura e il tempo di liquidazione sono determinati nel regolamento del fondo applicabile e sono naturalmente identici per tutti gli investitori. Inoltre, ogni banca può stabilire nei suoi termini e condizioni un orario di chiusura per l’immissione di ordini.
Nel caso in esame, il cliente sembrava pensare che la banca dovesse essere ritenuta responsabile dell’informazione fornita dal primo impiegato, secondo la quale il valore di riscatto delle quote del fondo corrispondeva esattamente al prezzo indicato nell’e-banking e che l’ordine di riscatto sarebbe stato eseguito immediatamente dopo essere stato piazzato. Secondo l’Ombudsman, tuttavia, questo argomento era irrilevante, se non altro perché il cliente non aveva presentato l’ordine di riscatto che diversi giorni dopo aver ricevuto questa informazione errata e nel frattempo era stato correttamente informato sulla procedura di riscatto. La banca aveva effettivamente avuto problemi di comunicazione, cosa che ha ammesso, ma non di disinformazione in quanto tale. L’Ombudsman ha quindi scritto al cliente per informarlo delle sue conclusioni e per spiegare ancora una volta il principio del “forward pricing”.
Qualche tempo dopo, il cliente ha contattato nuovamente l’Ombudsman per dire che, in considerazione della risposta ricevuta, riteneva essere stato frainteso . Affermava esseri documentato nel frattempo sul “forward pricing” ed essere ora dell’opinione che la banca aveva applicato male questo principio. L’Ombudsman ha quindi controllato l’estratto conto del riscatto delle quote del fondo rispetto ai prezzi di chiusura o ai valori netti d’inventario pubblicati su Internet. Dopo aver concluso su questa base ancora una volta che questi erano corretti, l’Ombudsman ha inviato la sua risposta finale al cliente.