Annullamento infruttuoso di un ordine permanente
L’Ombudsman ha dapprima contattato telefonicamente la sua persona di riferimento presso la banca. Egli è allora stato informato che la lettera di reclamo del cliente era stata esaminata dal dipartimento competente della banca. Un dipendente aveva contattato il cliente e lo aveva informato che la sua richiesta di rimborso non aveva purtroppo avuto successo, in quanto la sua ex dipendente non aveva acconsentito che il suo conto venisse addebitato dell’ammontare corrispondente ed era del parere che avesse diritto allo stipendio versato. La banca si è rifiutata di pagare un indennizzo al cliente argomentando che nelle sue condizioni relative al traffico dei pagamenti ha indicato chiaramente che un ordine permanente deve essere annullato almeno cinque giorni lavorativi prima dell’esecuzione, altrimenti avrebbe avuto effetto solo per l’esecuzione successiva. La cancellazione del venerdì pomeriggio non poteva quindi prendere effetto già il lunedì successivo.
Secondo l’Ombudsman, la banca ha proceduto correttamente. La disposizione secondo cui un ordine permanente deve essere annullato o modificato almeno cinque giorni prima della successiva esecuzione figura in modo chiara e comprensibile nelle condizioni relative al traffico dei pagamenti. L’Ombudsman ha anche potuto comprendere che per tali ordini è necessario un certo tempo di esecuzione. La banca ha eseguito l’ordine del cliente di chiedere alla destinatrice finale il rimborso dell’importo versato e gli ha addebitato perciò la commissione concordata di CHF 30. Non si può biasimare il fatto che la richiesta della banca non sia andata a buon fine, in quanto è stata la destinatrice finale a rifiutare il rimborso. Inoltre, dai documenti del cliente non risultava chiaro il motivo per cui egli riteneva che alla sua dipendente non spettasse lo stipendio per il mese in questione.
L’Ombudsman ha chiuso il caso con un parere indirizzato al cliente poiché non ha potuto individuare alcuna cattiva condotta da parte della banca. Egli ha informato il cliente che se non fosse stato d’accordo con la sua valutazione, avrebbe potuto tentare di far valere le sue pretese in tribunale. In tal caso, tuttavia, non solo avrebbe dovuto convincere il tribunale della violazione del dovere di diligenza da parte della banca, ma avrebbe anche dovuto dimostrare di aver effettivamente subito una perdita corrispondente all’importo pagato per lo stipendio, l’impiegata non aveva più diritto allo stipendio e che egli aveva compiuto ragionevoli sforzi per ottenere da lei il rimborso dell’importo corrispondente all’arricchimento indebito.